‘Ndrangheta in Emilia: sacerdote e commerciante arrestati per minacce a magistrati
Nell’ambito di una maxi inchiesta per evasione fiscale, coordinata della Procura di Reggio Emilia, sono scattate all’alba di ieri le manette per il sacerdote don Ercole Artoni, fondatore della comunità di recupero "Centro sociale Papa Giovanni XXIII" del capoluogo emiliano e per il commerciante Aldo Ruffini.
L’attività di indagine, che portò al sequestro preventivo di diversi milioni di euro riconducibili a Ruffini, ha avuto una nuova svolta grazie ad alcune intercettazioni che avrebbero portato a svelare delle presunte minacce perpetrate al presidente del tribunale reggiano, Cristina Beretti, ed ai Pm Valentina Salvi e Giulia Stignani.
Al religioso e al commerciante si contesta anche l'aggravante di "aver posto le minacce valendosi della forza intimidatrice derivante dalla segreta associazione esistente o comunque supposta" - si sottolinea nell'ordinanza - in quanto facevano riferimento agli associati della 'ndrangheta cui fanno capo i Grandi Aracri, coonvolti nel processo Aemilia, nato dalla più grande inchiesta condotta nel nord Italia contro il radicamento della 'ndrangheta in Emilia e presieduto dallo stesso magistrato”.
“Sa che a Reggio Emilia c'è un braccio speciale dove sono detenuti gli imputati di Aemilia? Uno di loro mi ha detto di venire da lei e di dirle di stare molto attenta e soprattutto di stare lontana dalle finestre dell'ufficio... perché dicono che lei nel collegio di Aemilia ha molta influenza sugli altri giudici e che praticamente decide lei ed in più per le cose che ha fatto in passato... un altro di loro ha detto di stare attenta perché sanno dove studia suo figlio".
Sarebbero queste le parole attribuite a don Ercole durante un incontro, avvenuto nel dicembre 2018, con il presidente del tribunale di Reggio Emilia, Cristina Beretti, riportate nell'ordinanza con cui il gip di Ancona ha disposto gli arresti domiciliari per il sacerdote 88enne.
Sempre secondo quanto citato dell’atto, il prete, su mandato del commerciante, tra il maggio e il giugno 2017 sarebbe andato personalmente nell'ufficio del giudice dicendole che alcuni detenuti imputati nel processo Aemilia parlavano male di lei e che avrebbe dovuto stare attenta, aggiungendo che avrebbe dovuto restituire le cose sequestrate ad un prestanome del Ruffini.
Secondo il gip, Ruffini sarebbe un personaggio "interessato ad ottenere con metodi illeciti, la liberazione del suo ingente patrimonio da vincoli reali".
Mentre Artoni, "nonostante sia un religioso ed evidentemente ricevendone un ritorno economico - si legge ancora nell'ordinanza - si presta ad assecondare in tutti i modi le richieste del Ruffini". Il risultato delle loro attività "è una sicura intimidazione della Beretti - osserva il gip di Ancona - minacciata persino con riguardo alla incolumità propria ed a quella del figlio".