Gioia Tauro, Caligiuri (Idv): “sette domande attendono risposte chiare e convincenti”
“Il danno d’immagine e di credibilità che la vicenda di Gioia Tauro sta arrecando alla Calabria è gravissimo”. È quanto afferma, in una nota, il segretario regionale di Italia dei Valori, Mario Caligiuri che, giovedì scorso, appena diffusasi la notizia di quanto stava accadendo, insieme al segretario nazionale del suo partito Ignazio Messina, al consigliere regionale Giuseppe Giordano e ad una delegazione di dirigenti nazionali, ha allestito un presidio democratico all’ingresso dello scalo.
“Per quanto ci riguarda -prosegue Caligiuri- continueremo a denunciare con forza la scarsissima considerazione di cui gode la Calabria in questo momento a livello nazionale e internazionale. Mentre, infatti, la Sardegna e il suo presidente Cappellacci, dopo aver battuto i pugni sul tavolo oggi possono esultare per aver scampato il pericolo di diventare teatro delle operazioni di trasbordo delle sostanze chimiche siriane, la nostra regione, che è una regione denuclearizzata, continua ad essere considerata una sorta di “pattumiera”, in cui chiunque può venire a “scaricare” i propri veleni, senza che nessuno, neanche il Governatore, ne sappia nulla e, soprattutto, senza ottenere dal governo nazionale assicurazioni e risposte chiare e convincenti rispetto ad una serie di domande che, come nel caso di Gioia Tauro, sorgono spontanee e che qui mi permetto di formulare organicamente:
1) Qual è la necessità di trasbordare le sostanze chimiche a Gioia Tauro sulla nave americana Cap Ray? Perché non caricarle direttamente nel porto siriano di Latakia evitando il transito da porti terzi?
2) Risulta vera o no la notizia secondo la quale a Gioia Tauro si dovrà necessariamente far passare le merci attraverso le banchine, atteso che le navi coinvolte non sono navi-container, ma navi Ro-Ro, ovvero con portellone a carico orizzontale? Se ciò dovesse rispondere al vero, le operazioni di trasbordo avverrebbero, al contrario di quanto è stato detto, con sbarco a terra e stoccaggio, con tutti i rischi che tutto ciò comporta?
3) Perché un porto come Gioia Tauro, che viene additato, spesso strumentalmente, assai pericoloso in termini di sicurezza per la sua posizione all’interno di un territorio controllato dalla ‘ndrangheta, oggi viene improvvisamente giudicato come il porto più sicuro d’Italia?
4) Non sarebbe stato più sicuro individuare un porto militare, considerato che i rischi dell’operazione sarebbero più legati alla sicurezza (atti terroristici) che non alla manipolazione delle sostanze, dichiarata a basso rischio?
5) Il presidente Scopelliti era a conoscenza del fatto che nel 2013 il porto di Gioia Tauro ha gestito 30 mila tonnellate di sostanze tossiche di categoria 6.1 (su 1500 container) che è la stessa quantità del materiale in arrivo dalla Siria?
6) Se è vero che vi sono molti porti che dal punto di vista della gestione e dello smaltimento di sostanze tossiche surclassano di gran lunga il porto di Gioia Tauro in termini di volumi e di prestazioni, perché non scegliere uno di questi?
7) Se è vero che Scopelliti sapeva, come sostengono alcuni organi di stampa, che la scelta sarebbe ricaduta su Gioia Tauro sin dal 9 gennaio scorso, come mai in tutto questo tempo non ha detto una sola parola per far sentire le proteste della Calabria e dei calabresi? E se, come lui stesso sostiene, non ne sapeva nulla, non dovrebbe prendere atto della totale assenza di peso e relazioni con un governo sostenuto da un partito nel quale egli stesso aspira a diventare uno dei leader nazionali, dando immediatamente le proprie dimissioni?
“Mi auguro che dal tavolo convocato del premier Letta per oggi a Roma – conclude Caligiuri- arrivino risposte chiare e convincenti a queste sette domande e che, soprattutto, giungano impegni precisi su quale dovrà essere il ruolo del governo nazionale e di quello regionale per rilanciare questa grande infrastruttura posta nel cuore del Mediterraneo le cui potenzialità, se solo vi fosse un minimo di attenzione in più, sarebbero straordinarie”.