Riordino Province: le dichiarazioni di Grillo e Nunnari
Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Francesco Grillo Segretario Generale FP CGIL Crotone e Aurelio Nunnari Segretario CGIL Crotone
“Le ultime vicende relative agli scandali registrati nelle Regioni, in particolare nel Lazio, hanno dato una forte accelerazione ai processi di riordino delle Province. Entro il 23 ottobre, se i CAL non si saranno espressi, il Consiglio dei Ministri procederà per decretazione. E se non ci saranno grosse novità, non rimarrà altro che definire “come” aggregare le Province Calabresi che non possiedono i requisiti di legge a seguito del riordino previsto dalla spending review. Eventuali aggregazioni porteranno la Calabria ad avere 2 Province, Catanzaro e cosenza, più l’Area metropolitana di Reggio Calabria, senza possibilità di scorporare i Comuni dai territori provinciali di origine né disaggregare aree territoriali al fine di creare nuovi Enti provinciali. Su questo punto la legge sembra essere abbastanza chiara e, salvo deroghe dell’ultima ora, l’argomento potrebbe divenire privo di interesse. Il vero problema riguarda invece il mantenimento dei posti di lavoro di chi lavora negli Enti provinciali e la sopravvivenza dei servizi pubblici destinati ai cittadini.
Dobbiamo registrare, infatti, e con amarezza, che nel dibattito politico sul riordino delle Province il grande assente è il tema del “lavoro”. Di tutto si parla meno che di quelle donne e quegli uomini che si trovano ad operare in condizioni di estrema difficoltà, tra tagli lineari alle spese e agli organici, blocco dei contratti, blocco del turn-over, per garantire servizi ai cittadini ma anche alle imprese ed ora rischiano di essere vittima di processi di mobilità inaccettabili. Si rischia di indebolire o chiudere servizi fondamentali, come le politiche attive del lavoro e, paradossalmente, in una fase di profonda difficoltà in cui versa anche il nostro sistema occupazionale.
Non è ipotizzabile, infatti e ad esempio, affidare ai Comuni il funzionamento dei Centri per l’impiego, primo, perché i Comuni, compreso quello capoluogo, dovrebbero organizzarsi in maniera sovra-comunale per continuare a garantire gli stessi servizi di sempre, secondo, perché molti Comuni della nostra Provincia sono sul l’orlo del dissesto finanziario e non sono in grado di farsi carico di nuovi servizi e relativo personale. Fra l’altro, la riforma delle province si trascinerà dietro quello delle articolazioni dello stato, a partire dalle prefetture, questure, comando dei vigili del fuoco, carabinieri, agenzia delle entrate, inps, motorizzazione civile, ufficio provinciale scolastico e quant’altro. Ed è evidente che c’è il rischio di un impatto significativo sulla qualità dei servizi al cittadino in campi di grande interesse rispetto a diritti fondamentali come per esempio la sicurezza, l’istruzione e il lavoro. Siamo di fronte a scelte che ridisegnano l’assetto istituzionale ispirandosi a principi di risparmio economico, tra l’altro tutto da dimostrare, che produce scelte tutte determinate da fattori aritmetici (Km quadrati e numero di abitanti), senza tenere minimamente di conto, storia, tradizione, omogeneità socio culturale ed economica dei territori che sono sottoposti a detti stravolgimenti. Ma a proposito del grande assente al dibattito, che è il tema del lavoro, nel contesto appena descritto il territorio Crotonese corre il rischio di subire il secondo duro colpo dalla chiusura delle fabbriche in poi. Senza creare facili allarmismi, ma senza distogliere l’attenzione, siamo in attesa di comprendere come e con quali prospettive il mondo del lavoro dipendente che oggi gravita intorno all’ente provincia e a tutti gli uffici “articolazioni dello stato” sopra citati vengano garantiti nella loro continuità lavorativa. Chiediamo che tutte le forze politiche ed istituzionali comincino a farsi carico di questa complicata discussione che, se non sufficientemente alimentata e supportata, potrebbe divenire causa dell’aumento della precariatà e/o disoccupazione nel nostro territorio dando un durissimo colpo alla già instabile coesione sociale dell’intera provincia.”